La fine degli Zar
Che fine hanno fatto i gioielli dei Romanov? Ormai è un fatto storico l’abdicazione dello zar Nicolai II in quel famoso 14 aprile del 1917. Quasi un anno dopo Alexandra Feodorovna, non più imperatrice, decise di mettere al sicuro una parte dei gioielli di famiglia, affidandoli alle persone di maggior fiducia che le erano vicine e che potevano sfuggire alla strettissima sorveglianza esercitata dai militari che controllavano la loro residenza di Tobolsk.
Queste persone erano le suore del monastero Ivanov, che avevano il permesso di assistere la famiglia reale.
Quattro mesi dopo, tutta la famiglia Romanov fu sterminata nella notte tra il 16 e il 17 luglio, a Jekaterinenburg.
Terrorizzate che si potesse scoprire il tesoro loro affidato, le suore portarono i gioielli a un venditore di pesce, fornitore del convento, persona mite e rispettosa, pregandolo di nascondere i pericolosi oggetti. Il povero uomo, forse in preda ai fumi dell’alcool, vantandosi in pubblico di essere in possesso di gioielli di indicibile valore, fu denunciato alla Polizia, che, recatasi nel suo tugurio, trovò effettivamente quanto era stato rivelato.
Furono rinvenuti 154 gioielli, tra cui un diadema, collane, bracciali, per un valore odierno di 9 milioni di euro. Ma il rapporto della polizia, che esiste ancora, non dice che fine fecero quei gioielli.
I gioielli dei Romanov nascosti
Alexandra Feodorovna aveva previsto pure che la famiglia poteva essere condannata all’esilio e costretta a lasciare tutto da un giorno all’altro. Allora nascose gioielli piccoli e pietre preziose, soprattutto Diamanti. In quella terribile notte, quando la famiglia regale fu messa sotto il plotone di fucilazione dopo vari minuti di fuoco, alcune delle vittime erano ancora assurdamente vive. Le guardie erano sgomente. Più tardi si scoprirà che i loro corsetti erano imbottiti di Diamanti, Zaffiri, Rubini ed Smeraldi che le ragazze vi avevano cucito all’interno. Dunque le pallottole incontravano resistenza nel trapassare i corpi. Tutto il plotone di esecuzione aveva assistito incredulo all’inaspettata difficoltà nell’uccidere persone inermi. Gli uomini erano in uno stato confusionale. Le circostanze apparivano misteriosissime ed inverosimili.
I gioielli dell’Imperatrice madre
Non tutti i gioielli dei Romanov andarono persi: molti, per esempio, riuscì a salvarne l’Imperatrice vedova Maria Feodorovna, madre dell’ultimo Zar Nicola II.Maria Feodorovna nel mese di marzo del 1917, si era recata a Kiev insieme alla figlia maggiore Xenia, per far visita a sua figlia più piccola, Olga, che dopo essersi sposata viveva lì.
Mentre si trovava a Kiev apprese la notizia dell’abdicazione del figlio Nicola II e della fine dell’Impero.
Tutto il suo entourage, le consigliò di fermarsi in Crimea, in quel momento meno pericolosa di San Pietroburgo, dove peraltro l’anziana Zarina aveva lasciato la maggior parte dei suoi gioielli.
Ciò che le restava erano “i suoi piccoli gioielli di tutti i giorni”, come lei diceva, da cui non si separava mai. Si trattava di 78 pezzi, comunque straordinari ed importanti, tra cui si annoverano, spille, braccialetti e pendenti e sei impressionanti colliers di perle.
Questi, con i cofanetti che li contenevano, erano ospitati in una grande cassa di legno che seguì la Zarina vedova quando si rifugiò in Danimarca, dove visse sino al 1928 ospite di suo nipote il Re danese, e di un assegno annuale di 10.000 sterline che le passava il re d’Inghilterra, altro suo nipote. Quest’ultimo appena la dama morì, fece trasportare i gioielli dei Romanov a Londra, dove nel 1929 le figlie della defunta, Xenia e Olga, stabilirono di vendere l’eredità e di spartirsi il denaro che ne sarebbe derivato. Il gioielliere Hennels, uomo di fiducia della Corte d’Inghilterra, fece una stima dei gioielli pari a circa 6 milioni e mezzo odierni di Euro, allora di 350.0000 sterline in oro, e di questa somma diede alle due figlie della Zarina vedova un anticipo di centomila sterline ciascuna, riservandosi di completarla dopo la vendita effettiva degli oggetti.
Quando le nobildonne morirono, i figli di Olga, rivedendo i conti della defunta madre, si accorsero, come poi anche i cugini, che il saldo dei gioielli dei Romanov non era stato mai pagato alle interessate, né poterono ottenerlo mai più, a causa della sparizione dei documenti che comprovavano le vendite.
I gioielli della Granduchessa Vladimir
La Granduchessa Maria Pavlovna, moglie del Granduca Vladimir di Russia zio paterno dello Zar Nicola II, aveva sempre dominato la scena alla corte degli Zar, contendendo per più di venti anni lo scettro della supremazia alle due imperatrici, suocera e nuora.
Di origine tedesca e di carattere forte e deciso, obbligata a cedere il passo alle Zarine durante le cerimonie ufficiali, era riuscita però ad avere le sue rivincite nelle occasioni mondane. L’amore della Granduchessa Vladimir per i gioielli era leggendario.
Quando rimase vedova si trovò tra le mani un patrimonio ingente che le consentì di incrementare i suoi capricci.
Non appena vi furono le prime avvisaglie della rivoluzione, come altri nobili russi ella si rifugiò a Yalta, in Crimea, ma, credendo che l’insurrezione sarebbe stata passeggera, era partita a bordo del suo treno personale con pochi bagagli e pochi gioielli.
Prolungandosi oltre il previsto il periodo di soggiorno a Yalta, la Granduchessa cominciò a temere per i suoi gioielli, e, poiché aveva viaggiato e vissuto in ambienti internazionali, sapeva bene che in caso di esilio i gioielli sarebbero stati l’unica risorsa che avrebbe potuto portare con sé.
Si trovava nella stessa città a scopo diplomatico un agente segreto britannico, Albert Stopford, amico di vecchia data della Granduchessa, il quale le propose di recuperare i gioielli da San Pietroburgo: sarebbe andato lui a prenderli. E cosÌ fu. Fu capace di entrare nel palazzo grazie alla complicità di un servitore fedele e poi parti per l’Inghilterra con i gioielli della Granduchessa grazie al suo passaporto britannico.