Dalle uova di Fabergé ai necklace e collier dielle Zarine Russe.
Una storia lunga secoli: la storia dei Romanov.
E la storia dei gioielli dei Romanov.
I gioielli dei Romanov
Una storia lunga secoli che vede lotte e rivoluzioni; povertà e sfruttamento; ricchi e poveri.
E in questo intreccio di destini, dinastie, zar e imperi, non possono mancare preziosi e gioielli.
„Gioielli insanguinati“ dei Romanov: questa è l´espressione con cui si è soliti indicare gioielli e preziosi della Casa Regnante di Russia.
La motivazione va ricercata nella complessa storia della famiglia imeperiale che si interseca con la storia del periodo: secondo alcuni nemici dei Romanov, gioielli e preziosi furono ottenuti attraverso guerre e sfruttamento di masse e lavoratori. Al contrario, osservandola da un´altra prospettiva, i gioielli furono „insanguinati“ perchè la famiglia reale, fuggendo dalla rivoluzione, li portò con sé ma non riuscí a salvarsi.
Proprio durante questi numerosi e sanguinari avvenimenti, i gioielli della famiglia imperiale russa furono sottoposti a spostamenti e seguirono il destino dei loro proprietari, per cui si dispersero per il mondo. Solo recentemente si sta cercando di ricostruire la storia dei gioielli attraverso il ritrovamento degli originali.
Sovrani, corone e gioielli: imprescindibili gli uni dagli altri.
Zaffiri, rubini, smeraldi, perle e diamanti. Per non citare tutte le altre pietre preziose. E ancora oro, argento, platino e metalli preziosi. Troni, corone e oggetti reali, come stanze e abiti appartenenti ai sovrani sono stati da sempre ornati e tempestati di gemme e decorazioni di oreficeria. Simbolo di potere e potenza, i gioielli sono, spesso, stati merce di scambio per vari scopi: basti rammentare Isabella la Cattolica, regina di Spagna che intorno al 1492 vendette le sue collane di rubini, proprio allo scopo di sostenere Cristoforo Colombo nel suo progetto.
La famiglia imperiale russa, in particolare più di altre, aveva sempre ostentato ricchezza e gioielli, per affermare il proprio potere: non a caso la Russia è la terra di congiunzione tra oriente e occidente e era una tappa obbligata per coloro che percorrevano le vie carovaniere e che commerciavano oro e pietre preziose provenienti da Persia, India e Golfo Persico. La Zarina Elisabetta Petrovna, figlia di Pietro il Grande e poi Caterina La Grande divennero note per la passione e le ingenti compere d´oro e preziosi.
Ma lo stile di vita degli zar e di tutta l´aristocrazia russa divenne molto eccentrico nel 1800, tanto che aumentò vertiginosamente l´acquisto di gioielli e quindi la richiesta di mercato e parallelamente la stessa produzione.
In Siberia la produzione di diamanti , smeraldi, zaffiri, acquamarina come di peridoti si intensificò con l`estrazione dalle miniere; lungo la costa e i fiumi si accorse per la raccolta di ambra e dall´Asia aumentò l´arrivo delle perle.
La Russia divenne il mercato prevalente di scambio e, in particolar modo, di acquisto delle pietre preziose e dei gioielli finiti, ma anche il resto dell´Europa concorse ad alzare il livello.
Molti degli artisti, oreficeri e gioiellieri più quotati si trovavano in Francia e in Italia, per cui, spesso, le gemme venivano lavorate nei laboratori francesi e italiani, per poi essere spedite in Russia: diademi, necklace, collier, anelli, bracciali e parures divinamente decorate. Lo Zar Nicola II aveva donato in regalo alla futura moglie e zarina di Russia un sautoir di perle di Cartier e una corona di platino e diamanti che lei indossò sempre fin dal giorno delle nozze.
Maubussin, Chaumet, Mellerio dits Meller, Cartier, Bulgari e Fabergé erano i nomi che già nel 1800 spiccavano per la gioielleria d´haute couture.
Tra le creazioni piú belle e note ad un pubblico vasto, sono le Uova di Fabergé: il gioielliere Fabergé, in occasione della Pasqua, seguendo la tradizione russa, per cui offrire o donare uova dipinte rappresentava un gesto importante, iniziò a far realizzare uova di porcellana e di ceramica per gli Zar di Russia: uova in oro, smalto e pietre preziose, che si aprivano e al loro interno, tutto foderato in velluto, svelavano oggetti che apparivano altrettanto straordinari e preziosi e che finirono per diventare una vera collezione.
La Rivoluzione e i gioielli Romanov
Nel 1918 fu dichiarata la Rivoluzione e lo zar fu costretto ad abdicare: l´allora Alexandra Feodorovna, ormai non più Zarina, affidò i gioielli alle uniche persone di fiducia che potessero sfuggire al controllo dei militari nella residenza di Tobolsk, ovvero le suore, che portarono via con sé spille, collier, anellli, diademi e gioielli preziosissimi. Solo qualche mese piú tardi scoprirono che la famiglia Romanov era stata sterminata a Jekaterinburg. Quindi decisero di chiedere aiuto a un venditore di pesce di loro conoscenza per nascondere i preziosi. Ma l´uomo non riuscì a mantenere il segreto e i gioielli furono ritrovati dalla polizia: 154 pezzi di cui non si seppe più la fine ma che, di sicuro, come la maggior parte dei tesori, fu venduto in occidente per finanziare la Rivoluzione.
Ma la zarina Alexandra Feodorovna aveva affidato anche parte dell´argenteria e altri preziosi al Grande Maresciallo della Corte, il Conte Alessandro Beckendorf-Kerenski, anche capo del governo provvisorio. Purtroppo proprio quel governo provvisorio chiese al Conte di consegnare i preziosi e di cosa accadde successivamente non si ha notizia: si suppone che anch´essi, come il resto, furono venduti per finanziare la Rivoluzione.
La storia narra che la Zarina Alessandra tentò di salvare una ultima parte di gioielli in perle portandoli con sè e le sue figlie e nascondendoli nei vestiti e nei capelli, ma tutto ciò rese non solo la loro deportazione più difficile, bensì anche la loro uccisione: i soldati scprirono la motivazione della loro reticenza a morire, quando le spogliarono e le trovarono coperte di oro e preziosi quasi come avessero delle corazze.
Fu la Zarina madre, imperatrice vedova e madre dello Zar Nicola II a salvare alcuni pezzi di gioielleria preziosa: per caso, nei giorni della Rivoluzione, Maria Feodorovna si era recata a Kiev con la figlia, portando con sé alcuni gioielli, che lei era solita indossare quotidianamente e quindi non si trattava dei gioielli tra i più preziosi, ovvero per le serate di gala.
Si tratta di 75 pezzi tra cui diademi, collier, perle, spille, pendenti che, dopo lo scoppio della Rivoluzione, la Zarina portò in Danimarca, rifugiandosi dal Re suo nipote presso il palazzo reale Amalienborg a Copenhagen. Quando la donna morì il re si sarebbe volentieri impossessato dei gioielli per un rimborso delle spese di mantenimento della vecchia zia, ma il re di Inghilterra, altro nipote, fu più furbo e trasferì tutti i gioielli a Londra, subito dopo la morte di lei.
Una ultima parte dei preziosi della Dinastia Romanov sembra fosse in possesso della Granduchessa Maria Pavlovna, moglie del Granduca Vladimir di Russia zio dello Zar Nicola II. La Granduchessa era sempre in procinto di acquistare nuovi gioielli e ne arriva testimonianza da Consuelo Vanderbildt, sposa del Duca di Marlborough, nobildonna che si recò in Russia in visita della Granduchessa. Durante la Rivoluzione anche Maria Pavlovna era partita in viaggio alla volta di Yalta in Crimea e aveva con sé pochi gioielli, ma quando si accorse che la Rivoluzione sarebbe stata più lunga del previsto decise di recuperare il suo patrimonio. Qui sono state diffuse due versioni: la prima narra che Albert Stopford, amico di vecchia data della Granduchessa, fosse tornato a San Pietroburgo e, con la complicità di un servitore fedele, avesse recuperato i gioielli e poi fosse partito per Londra, grazie al suo passaporto britannico.
La seconda versione vuole che si sia travestito da contadina per recuperare i preziosi e poi li avesse depositati in una banca, ma che, alla fine la Granduchessa non ne avrebbe, comunque più avuto notizia. In ogni modo la Granduchessa Maria Pavlovna fuggì in Francia dove morì, con il timore di essere ritrovata e uccisa come l´intera famiglia Romanov: alcuni dei suoi gioielli furono venduti alla maison Cartier e altri acquisiti dalla Corona Britannica.
I gioielli della Corona sono proprietà dello Stato.
In Russia fu Pietro I il Grande a istituire i “Gioielli della Corona”, che precedentemente non esistevano, creando un Fondo dei Diamanti e raccogliendo i più importanti gioielli dell´Impero Russo del XV, XVI e XVII secolo in un´ala del Palazzo d´Inverno di San Pietroburgo, denominata “Diamond Room” o Sala dei Diamanti.
Le corone degli Zar hanno una forma caratteristica simile ai copricapo dei preti ortodossi o delle cupole del Kremlino o delle chiese russe. Anche le vesti erano sempre tempestate delle pietre più preziose. Spettro, spade, scudo, orbe, stendardo e poi anelli e bracciali erano i gioielli tipici e simbolo di potere.
La Rivoluzione spazzò via lo sperpero di una famiglia che aveva raggiunto gli eccessi, ma anche la cultura e gli stessi gioielli che rappresentavano l´uno e l´altro: i Romanov si estinsero e la meraviglia dei loro preziosi fu sparsa nel sangue della Rivoluzione.